PRIMAVERA: ALLA SCOPERTA DI RILIND NIVOKAZI
L'ATTACCANTE A ROMA HA REALIZZATO IL SUO PRIMO GOL
Nella quarta puntata del nostro viaggio nel mondo della Primavera, andiamo alla scoperta di Rilind Nivokazi, attaccante classe 2000 arrivato in nerazzurro nel 2014. Fisico potente e fiuto del gol confermato nell'ultima partita in cui gli sono serviti meno di dieci minuti per timbrare il cartellino.
Venerdì scorso hai messo anche tu la firma sul 7-1 alla Roma segnando il sesto gol.
"Sono molto felice: il mio primo gol in Primavera. Ed è stato anche un bel gol. E poi è sempre una bella soddisfazione contribuire a un successo così importante. Io so che quest'anno devo cercare di sfruttare al massimo tutte le occasioni che mi vengono concesse. Davanti ho un attaccante forte come Barrow che sta facendo benissimo e segnando tantissimo, ma la concorrenza secondo me fa sempre bene e potersi confrontare con giocatori forti aiuta a crescere e migliorare. Il segreto è andare sempre a cento all'ora e farsi trovare pronto quando vieni chiamato in causa".
Nivokazi, un cognome balcanico che tradisce le tue radici kosovare, ma sei italianissimo di origini.
"Sono nato a Perugia e cresciuto a Pierantonio, un piccolo paese di neanche mille anime in provincia di Umbertide. I miei genitori sono del Kosovo. Mio papà Brahim era in Svizzera per lavoro quando è scoppiata la guerra: è tornato in Kosovo per prendere la famiglia e portarla in Italia. E l'anno dopo sono nato io. Sono il quarto di quattro figli, il più piccolo: ho un fratello e due sorelle più grandi. E sono perugino a tutti gli effetti, si sente anche dal mio accento".
La passione per il calcio te l'ha trasmessa lui?
"Lui l'ha trasmessa a mio fratello Edon, cinque anni più grande di me. E mio fratello l'ha trasmessa a me. È stato il mio primo compagno di giochi, mi spiegava come calciare, mi spronava sempre. Anche lui ha giocato: era una mezzala molto forte prima di farsi male e dover intraprendere altre strade".
I primi calci?
"Nella piazzetta di Pierantonio, a 50 metri dalla chiesa. Ci passavo le giornate con gli amici: usavamo le panchine come porte e per segnare bisognava far passare la palla sotto. Mi è sempre piaciuto il calcio, sognavo di vincere un giorno la Champions, ma giocavo soprattutto per divertimento. Così a 8 anni sono andato nella squadra di mio fratello, il Collepieve, dove giocavo coi ragazzi anche di 3-4 anni più grandi. Poi Grifoponte, Bastia e Montemalbe Ellera dove sono rimasto fino a quando mi ha preso l'Atalanta".
Quando c'è stato l'anno della svolta...
"Il 2013, l'anno che ha cambiato la mia vita. Pensate che fino ad allora avevo giocato in tutti i ruoli: facevo di tutto, dal difensore al centrocampista, tranne il portiere. Poi ad ottobre manca l'attaccante e l'allenatore mi mette davanti perché ero il più duttile: faccio tripletta e da quel momento non ho più cambiato. Del resto l'attaccante è sempre stato il mio ruolo preferito: l'idea di segnare, di essere il bomber, mi ha sempre affascinato. Da piccolo guardavo e riguardavo i video di Ronaldo quando era all'Inter, l'idolo di mio papà. Poi sono cresciuto ammirando Ibrahimovic e Milito. Poi non so quante volte ho rivisto i gol di Higuain l'anno di Napoli: passavo i giorni a guardare i movimenti che faceva in area di rigore. E ora mi piace molto Icardi".
Attaccante per caso, ma era quella la strada giusta.
"Quell'anno segno 52 gol solo in campionato e vengo premiato con la Scarpa d'oro umbra. Tutti quei gol non passano inosservati. Anche al maestro Bonifaccio. Viene a vedermi e gli piaccio. Vengo a Zingonia in prova e l'Atalanta mi prende. Mi volevano anche altre società ma per me non c'erano dubbi: se c'era l'Atalanta, non mi interessava altro. Mio papà mi aveva raccontato che l'Atalanta era il club che credeva di più nei giovani e ne ho avuto la conferma una volta arrivato qui, vedendo come si lavora. È successo tutto in fretta, tutto all'improvviso: in pochi mesi divento attaccante e mi prende l'Atalanta".
Trasferirsi a 14 anni lasciando la famiglia e il paese in cui si è cresciuti non deve essere stato facile...
"La prima settimana è stata la più dura della mia vita perché sono un ragazzo molto legato alla famiglia e agli amici. Andarsene a 14 anni è stata una bella botta, ma grazie all'aiuto dei miei genitori che specialmente in quei momenti, mi sono stati sempre vicini, ho superato quella fase ed è andato tutto bene. Il mio sogno è di diventare un calciatore anche per poter dire un giorno ai miei genitori che a loro ci avrei pensato io, dopo tutti i sacrifici che hanno fatto per crescere me e i miei fratelli".
Anche all'Atalanta hai confermato il tuo fiuto per il gol...
"Fondamentale è stato l'anno negli Allievi B con mister Zanchi che mi ha insegnato tantissimo. Lui è stato un grande difensore e mi ha spiegato i movimenti che più mettono in difficoltà i difensori, i modi migliori per attaccare la porta, i punti dove posizionarsi. Mi ha insegnato a essere un vero attaccante. Quell'anno ho fatto 20 gol in venti partite ed è arrivata anche la mia prima convocazione in nazionale, nell'U16 italiana. Un'altra grandissima soddisfazione per me".
E poi non hai smesso più di segnare: l'anno dopo 24 gol con l'U17 e lo scudetto sfiorato...
"Da due anni sto proseguendo il lavoro con mister Brambilla. La finale della scorsa stagione con l'Inter è stata la più grossa delusione provata fino ad ora. Penso che meritassimo quello scudetto, dopo tutti i sacrifici fatti quell'anno per arrivare a quel punto. Avevo anche segnato il primo gol, sembrava poter essere la serata perfetta e invece... Quella è stata la prima volta che ho pianto per una partita di calcio. Speriamo di avere un'altra occasione di giocare per lo scudetto cambiando però il finale".
Il prossimo passo?
"È scontato: mi piacerebbe un giorno riuscire a esordire in Serie A con la maglia dell'Atalanta. Sarebbe il completamento del percorso iniziato nei Giovanissimi. Due settimane fa ho avuto l'occasione di andare per la prima volta ad allenarmi con la prima squadra ed è stata una bellissima esperienza: capisci le differenze che ci sono, qual è il vero calcio. Sarebbe davvero bello riuscire a giocare un giorno in Serie A con questa maglia perché l'Atalanta è stata la prima squadra che ha creduto in me e lo ha fatto sin da quando ero piccolo".
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